Il bullismo: l’immagine della violenza psico/fisica

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Un malessere sociale insediato nei giovani

Il termine bullismo deriva dall’inglese “bull” (toro) e dal verbo “to bully” (intimidire). Questo fenomeno sociale è considerato come una particolare manifestazione di aggressività e rappresenta una delle principali problematiche con le quali bambini e ragazzi si trovano a far fronte nei loro contesti di vita quotidiani; il luogo dove si viene a manifestare con più frequenza è il luogo scolastico. Il danno che può causare al soggetto che lo subisce è di tipo fisico con conseguenze negative psicologiche, sociali o educative; portando all’esclusione sociale, disturbi dell’umore, tendenza all’isolamento, calo dell’autostima, disturbi nel sonno, o la comparsa di una serie di disturbi psicosomatici (es. mal di testa), disturbi psichiatrici tra cui disturbi alimentari, disturbi d’ansia e, dismorfofobia.

All’interno della relazione tra bullo e vittima è presente l’asimmetria, ovvero lo squilibrio tra chi compie l’azione e chi la subisce. Negli anni 70’ sono state avviate delle ricerche che hanno messo in luce il fatto che il soggetto bullo abbia una personalità aggressiva e arrogante,  incline al narcisismo, che si alimenta di vittime fragili. I bulli in età adulta tendono a diventare persone con un forte bisogno di controllo e dominio. [1]

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Il fenomeno del bullismo tende a formare gruppi che mirano al comando ed è stato considerato la forma primordiale di potere. Utili sono stati gli insegnamenti di quei magistrati che hanno mandato i bulli a lavorare in un centro di assistenza ai disabili; attraverso questo gesto hanno insegnato loro ad autorieducarsi, perché ogni singolo individuo ha il dovere di essere civile e non è consentito al prepotente di opprimere il debole, ma tutt’altro deve aiutarlo e sostenerlo se ha bisogno.

Il giornalista Francesco Alberoni, in un suo articolo dal titolo “Il bullismo si elimina in una scuola competitiva”, pubblicato il 3-12-2006 dal Corriere della Sera, spiega che “fra i ragazzi si sono sempre formati gruppi che mirano al potere imponendosi sulla massa degli altri, facendo capo a un soggetto violento; i membri che li ruotano attorno si sentono autorizzati a schiavizzare il più debole”. 

La giornalista Marina Corradi, nel suo articolo del 14-11-2006 dal titolo “Quella meschina prodezza esibita su Internet” pubblicato da Avvenire ha riportato il caso di un ragazzo torinese down picchiato dai bulli; durante l’accaduto gli aggressori hanno pubblicato il video della violenza su Internet, questo gesto dimostra che i giovani non hanno paura di essere riconosciuti, mentre le persone che guardavano, invece d’intervenire per fermarli hanno cominciato a ridere. I bulli non hanno mai preso coscienza del danno creato e, di fronte alle domande che li sono state poste, hanno affermato “l’abbiamo fatto per gioco”. [2]

All’interno del libro “Bullismo e responsabilità” viene affronta la tematica  dal punto di vista psicologico e giuridico; la prima parte è dedicata all’analisi psicologica del fenomeno e si sofferma sulla personalità dei protagonisti degli atti di bullismo (autore e vittima). La seconda parte del testo affronta l’aspetto giuridico del fenomeno: è emerso che il legislatore non ha approntato una disciplina a livello civilistico e penalistico che regoli il fenomeno e che vi è un’assenza di una normativa specifica sulla questione. All’interno del libro, vengono messi in luce casi di bullismo realmente accaduti, dove una delle due autrici se n’è occupata in prima persona. Il libro e le autrici mettono in evidenza che per poter contrastare il bullismo bisogna fare leva su un’adeguata prevenzione all’interno del mondo della scuola, dove è importante far interagire in questo contesto le famiglie e gli studenti perché è meglio

prevenire che curare eventuali danni spesso irreversibili. Secondo le autrici, i minori devono capire che non sono soli, ma devono sentirsi rassicurati e questa rassicurazione impedisce il ripetersi del fenomeno mettendo così in luce la promozione del benessere e ricordando che i minori hanno bisogno di supporto. [3]

Il problema del bullismo è che le situazioni sono talmente frequenti che impediscono agli insegnanti di poter intervenire spesso, anzi, il risultato si dimostra pessimo se ad esempio il bullo viene punito; la punizione comporta maggiore vendetta verso la vittima, ancora peggio se l’insegnate punisce tutta a classe. Questi sono i casi in cui la vittima viene ritenuta responsabile di aver fatto dare questa punizione a tutti, aumentando così il disagio e la sua ridicolizzazione. Una ricerca ha fatto emergere il fatto che la violenza fisica è impartita per lo più da parte dei maschi.

Viene anche consigliato di parlarne in famiglia. Il  Professore De Prosperis parla di responsabilità, sostenendo che “chi vuole prevenire i reati dei giovani non può cavarsela con il perdono o con il carcere o con l’indifferenza. La prevenzione implica un lavoro più difficile: rendere meno ostile l’ambiente di vita con un esempio adulto di cura, impegno, pulizia morale, fantasia e apertura verso il futuro. Occorre rendere vivibili le città, aumentare gli spazi di libertà, di tolleranza, di solidarietà, ridurre gli sprechi, favorire una maggiore giustizia sociale, dare opportunità di studio e lavoro al giovane. Occorre coerenza tra il dire e il fare degli adulti attraverso gesti in cui vengono attribuite responsabilità al trasgressore ma allo stesso tempo possibilità di recupero perché attraverso la costruzione di una propria identità personale si riconosca anche la storia della propria cultura e si giunga a considerare un bene collettivo come bene proprio” . [4] 

L’Approccio Emotivo Relazionale”, è un approccio globale al fenomeno delle prepotenze, sviluppato a partire dal 1997 in ambito scolastico-educativo attraverso attività di ricerca e d’intervento. È un intervento di tipo psico-socio-educativo, basato su competenze di: psicologia scolastica, psicologia clinica, psicoterapia funzionale corporea, psicologia sociale con dei piccoli gruppi, psicoterapia dei disturbi emozionali, psicologia e trattamento dello stress e dei disturbi associati, psicologia dell’educazione. Le applicazioni operative prevedono percorsi emotivo relazionali con classi. Con una sezione che include anche gli atti del convegno “BULLISMO – Cosa stiamo facendo? Esperienze a confronto” tenutosi a Trento il 2 dicembre 2002, organizzato dal “Servizio Attività Sociali del Comune di Trento”.[5]

Il 25 gennaio, a Livorno, è stato denunciato ai carabinieri un atto molto violento da parte del padre di un 12enne dopo essere stato aggredito ed insultato da due ragazze di 15 anni perché di origine ebraica. Le ragazze ripetevano “Devi bruciare nei forni” per poi prenderlo a calci, sputi e pugni, procurandoli così contusioni multiple. La denuncia è stata aggravata dal fatto che l’insulto è sessista. Ecco le parole del padre: ”La cosa più sconcertante è che nessuno dei presenti abbia difeso mio figlio. Non abbiamo dormito, non riesco a darmi una spiegazione a questo gesto. Non riesco nemmeno a parlarne, mi viene da piangere. Sinceramente non mi era mai accaduto niente di simile”.[6]

Cristina Pipoli

 

 

[1] https://www.ospedalemarialuigia.it/psicologia-applicata/bullismo-caratteristiche-e-conseguenze/#:~:text=Il%20bullismo%20si%20pu%C3%B2%20definire%20come%20una%20forma,prevaricare%20e%20arrecare%20danno%20%28Guarino%20et%20al.%2C%202011%29.

[2] https://www.studentville.it/appunti/il-bullismo-la-forma-di-violenza-piu-diffusa-tra-i-giovani/

[3] AutoriCarmela Puzzo, Alessia MicoliData pubblicazioneOttobre 2012Pagine304Data ristampaISBN8838775389ean9788838775383TipoCartaceoCollanaCollana LegaleEditoreMaggioli EditoreDimensione17x24

[4] https://www.chicercatrovaonline.it/phocadownloadpap/De_Prosperis/2017-02-22%20De%20Prosperis%20bullismo.pdf

[5] https://www.bullismo.it/cosa-fare/approccio-emotivo-relazionale.html#:~:text=L%27Approccio%20Emotivo%20Relazionale%20In%20questa%20sezione%20si%20trovano,non%20solo

[6]  https://tg24.sky.it/cronaca/2022/01/25/livorno-ragazzo-ebreo-aggredito-campiglia-marittima

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