#RAVENNA. Festival Ravenna Jazz 2018: tra i protagonisti spiccano i Manhattan Transfer, Chick Corea e Paolo Fresu.

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Dall’infinitamente piccolo all’infinitamente grande, dal piano solo all’orchestra di 250 elementi: Ravenna Jazz 2018 avrà un cartellone con il jazz servito nelle più varie misure.

Il festival ravennate giunge al traguardo della quarantacinquesima edizione, un record nel panorama dei festival jazz italiani, e consolida la struttura extra large che ne ha contraddistinto le più recenti annate: dal 4 al 13 maggio, dieci giorni di musica itineranti tra varie ‘ambientazioni’. Il prestigioso palco del Teatro Alighieri sarà destinato a nomi di ampia notorietà internazionale (Chick Corea, Manhattan Transfer), ai big della scena italiana (Fabrizio Bosso con gruppo e orchestra) e alla colossale produzione “Pazzi di Jazz” Young Project (con ben 250 baby musicisti sopra i quali svetterà la tromba solista di Paolo Fresu). Gruppi e solisti di culto, con proposte innovative alle quali prestare la massima attenzione, gireranno poi nei jazz club e in piccoli teatri tra città e dintorni: sotto la bandiera di “Ravenna 45° Jazz Club” si esibiranno il quintetto di Sarah Jane Morris e Antonio Forcione, Raul Midón, i Sons of Kemet, Andrea Motis con Joan Chamorro, i Guano Padano, Alessandro Scala. E per chi non sa rinunciare al jazz in nessun momento della giornata ci saranno i concerti ‘Aperitifs’, tutti i pomeriggi in attesa dei live serali in teatro.

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Grandi e piccoli organici calcheranno il palco del Teatro Alighieri. Ma al di là dei numeri, gli artisti coinvolti saranno sempre di altissima caratura.

Spicca su tutti Chick Corea (13 maggio): anche in solo, è un nome tale da catalizzare l’attenzione: del pubblico, i media, i colleghi musicisti. Corea ha impresso indelebilmente il proprio nome sulla stagione del jazz rock anni Settanta continuando poi a dominare la scena internazionale anche col suo ritorno alla musica acustica: sin dai suoi folgoranti esordi, ogni suo nuovo gruppo, ogni reunion, ogni tour è un evento al quale si assiste come a un rito magico.

Come Corea, anche i Manhattan Transfer (10 maggio) sono un gruppo che si è impresso nella memoria collettiva. Dall’inarrestabile scalata al successo planetario negli anni Settanta, avvenuto di pari passo con un progressivo aumento degli ingredienti jazzistici nella loro musica, al consolidamento di una fama senza limiti geografici nei decenni successivi. Un gruppo con quasi cinquant’anni di storia alle spalle (i suoi albori risalgono al 1969) entrato a pieno diritto nella Vocal Group Hall of Fame.

La progressione numerica dell’organico avanza ulteriormente con il quartetto del trombettista Fabrizio Bosso, spalleggiato dalla Paolo Silvestri Orchestra (5 maggio). Sul palco uno dei più grandi virtuosi di tromba mai prodotti dal jazz italiano, capace oltretutto di stabilire un intenso feeling col pubblico. Sui leggii un altro mostro sacro della tromba, Dizzy Gillespie, alla cui figura e al cui repertorio sarà dedicato il concerto. Fautore e simbolo del passaggio della musica jazz dalla sua classicità swing alla modernità del bop e dei suoi derivati, che ancora oggi costituiscono gli elementi fondamentali di questa musica, Gillespie è stato anche un solista di estremo virtuosismo ed estroversione: argomenti sui quali anche Bosso ha molto da dire.

Un’esplosione di numeri si avrà poi con la monumentale produzione originale “Pazzi di Jazz” Young Project, dedicata quest’anno a George Gershwin (7 maggio, a ingresso gratuito). Sul palco saliranno ben 250 giovanissimi esecutori affidati alle cure di luminari come il trombettista Paolo Fresu, il direttore e arrangiatore Tommaso Vittorini, l’organettista Ambrogio Sparagna e il beatboxer Alien Dee. In qualità di solisti e direttori affiancheranno l’enorme distesa di giovani allievi da loro stessi preparati nel corso di svariati mesi nell’ambito del progetto didattico “Pazzi di Jazz”.

Sempre più alta, di anno in anno, è la gradazione dei concerti che si tengono nei club e nei piccoli teatri di Ravenna, tra città e circondario: il cast musicale convocato per i sei appuntamenti di “Ravenna 45° Jazz Club” è infatti ad alta tensione sonora.

La cosa sarà chiara sin dalle prime note suonate dai Guano Padano, che segneranno tra l’altro l’apertura del festival (4 maggio, Cisim di Lido Adriano). I Guano Padano mandano in cortocircuito la logica comune: vintage e avanguardia diventano tutt’uno, folk e punk sono come i due lati dello stesso 45 giri.

Ha tutto il sapore della novità, oltre che della gioventù, la presenza della trombettista e cantante spagnola Andrea Motis (6 maggio, Teatro Socjale di Piangipane). Poco più che ventenne, si esibirà con il gruppo del suo mentore, il bassista Joan Chamorro, che l’ha rivelata agli ascoltatori più attenti quando ancora era adolescente. Un talento chiaro e precoce, appena suggellato dal primo disco per un’etichetta di riferimento come la Impulse!.

Nel ravennate, sua terra d’origine, e non solo, Alessandro Scala è un sax hero: capace di esprimere gli impulsi più brillanti e coinvolgenti della grande scuola sassofonistica hard-bop e funk. Scala si esibirà con un quartetto impreziosito dalla presenza di Lorenzo Tucci, uno dei batteristi di riferimento del jazz italiano, e del chitarrista inglese Nigel Price, il cui stile ben radicato nel solco di Wes Montgomery crea il perfetto amalgama nel gruppo (8 maggio, Mama’s Club).

Non meno intense, ma più suadenti, sono le emozioni che provengono dalla voce di Sarah Jane Morris, che sarà a capo di un quintetto co-diretto col suo chitarrista di fiducia, Antonio Forcione (9 maggio, Teatro Socjale). Voce di culto del pop inglese (Eurythmics, Communards), per i suoi live la Morris si affida a un repertorio di songs celeberrime, riarrangiate con rivoluzionaria semplicità: è l’innesco per un folgorante mix di virtuosismi in punta di dita, ritmi impetuosi, ardente spiritualità e ironia in buona dose.

Raul Midón, originario del Nuovo Messico, è un cantautore nella cui chitarra si cela un’intera orchestra, un vero ‘avventuriero’ della sei corde (nonché delle percussioni). Le sue canzoni, tra soul, folk, funky cubano, jazz e un retroterra latineggiante, sono fonte di inesauribili sorprese, contagiose, estroverse (11 maggio, Cisim).

Le ultime note di “Ravenna 45° Jazz Club” (12 maggio, Bronson di Madonna dell’Albero) lasceranno decisamente il segno. Saranno quelle dei Sons of Kemet, profeti di un funky sciamanico tribale, dai ritmi hi-tech e le armonie low-res: feroci e sensuali, lirici e scabrosi, mischiano folk caraibico, solismi jazzistici e ritmi della diaspora africana.

Confermati anche quest’anno i concerti ‘Aperitifs’: musica jazz in chiave informale, all’ora dell’aperitivo. Saranno dieci appuntamenti, tutti a ingresso gratuito e caratterizzati dalla formula in solo, ospitati nei locali più intraprendenti del centro cittadino.

Clicca accanto per scaricare il programma: Festival Ravenna Jazz 2018 – programma

 

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