Il 25% degli impiegati bancari ed assicurativi assumono antidepressivi.
Un sistema sull’orlo di una crisi di nervi
Le statistiche sono impietose, perché già al giorno d’oggi con la crisi economica imperante è difficile trovare e mantenere un posto di lavoro, ma anche quando lo si ottiene o lo si mantiene, le condizioni lavorative, specie dal lato psicologico, sono sempre meno rosee. Corrisponderebbe a 9 milioni, infatti, il numero di italiani che patiscono un forte disagio sul luogo di lavoro o comunque legato alla loro attività lavorativa. Tra questi, le donne sarebbero il doppio degli uomini. A conforto di questa stratosferica e drammatica realtà, sarebbero le migliaia di richieste d’aiuto arrivate dall’inizio del 2013 ad oggi, ai diversi progetti di ascolto psicologico e di tutela giuslavoristica che sono nati durante la crisi economica o che continuano a giungere allo “Sportello dei Diritti”, associazione da anni impegnata a difendere i lavoratori dalle angherie subite sul posto di lavoro anche a seguito dell’esperienza personale del suo fondatore Giovanni D’Agata. Lo stereotipo della persona che si rivolge a questi progetti sono, ovviamente, lavoratori in difficoltà, disoccupati e imprenditori, che hanno ulteriormente subito gli effetti della crisi, non solo a livello personale, ma anche a livello familiare. Tant’è che in gran parte dei casi sono proprio i familiari a recarsi presso i centri d’ascolto o a contattarci via mail un pò per bypassare la sensazione d’imbarazzo che porta molti padri di famiglia a cercare di tenere nascosto il proprio disagio che, al contrario, si manifesta troppo spesso quando si rientra a casa a contatto con i propri cari. Rimane, quindi, una folta ed occulta maggioranza di cittadini che non va alla ricerca di sostegno, per vergogna, diffidenza e mancanza di informazione. In particolare, rientra in questa categoria, circa il 25% degli impiegati di banca e assicurazioni, i quali ripiegano nell’uso, che a volte diventa abuso, di farmaci antidepressivi o sonniferi. Tale percentuale fa accoppare la pelle se si riflette che i consumatori di farmaci delle altre categorie si assestano attorno al 10%. La colpa di tutto ciò va ricercata nell’evoluzione, o forse involuzione del sistema bancario-assicurativo su scala globale che ha visto banche e assicurazioni colpite da un’infinità di scandali di proporzioni gigantesche e rilevanza mediatica portando ad addossare a questi settori, non a torto, la responsabilità della crisi globale che stiamo vivendo. E così banchieri e assicuratori da figure rispettate o comunque tenute in gran considerazione sono divenute poco amate dall’opinione pubblica. Questo è un primo elemento che denota lo sgretolarsi di un sistema che veniva ritenuto, anche dagli stessi lavoratori e solo fino a poco tempo fa, saldo e infrangibile, ma il contesto economico e finanziario mondiale e la sua crescente complessità e “friabilità” hanno contributo ad accrescere le incertezze del singolo lavoratore sempre più in balìa di vendite, fusioni e accorpamenti con altri istituti finanziari ed assicurativi o addirittura fallimenti e liquidazioni. A ciò aggiungasi la maggiore richiesta di competenze e di una politica lavorativa degli obiettivi sempre più esigente che indirizza i due comparti alla ricerca di eccellenza ed esaspera scientificamente la competizione interna a danno dei rapporti interpersonali tra colleghi. Inevitabilmente queste esigenze, se da una parte incentivano le motivazioni personali, dall’altra obbligano il dipendente a caricarsi di oneri lavorativi, che aggravano ulteriormente la tolleranza di uno stress quotidiano sempre maggiore. La conseguenza di queste politiche aziendali sono troppo spesso l’insorgenza di malesseri cronici e di depressioni che alla fine vanno a pesare sugli stessi datori e sul Nostro sistema di Welfare. Come “Sportello dei Diritti” da anni invitiamo ed assistiamo i lavoratori ad agire contro l’esasperazione di queste strategie aziendali che spesso sfociano in comportamenti illegittimi tutelabili in sede giurisdizionale perché garantite da specifiche norme in materia di lavoro azionabili dal singolo lavoratore se non correttamente applicate. Le statistiche sono impietose, perché già al giorno d’oggi con la crisi economica imperante è difficile trovare e mantenere un posto di lavoro, ma anche quando lo si ottiene o lo si mantiene, le condizioni lavorative, specie dal lato psicologico, sono sempre meno rosee. Corrisponderebbe a 9 milioni, infatti, il numero di italiani che patiscono un forte disagio sul luogo di lavoro o comunque legato alla loro attività lavorativa. Tra questi, le donne sarebbero il doppio degli uomini. A conforto di questa stratosferica e drammatica realtà, sarebbero le migliaia di richieste d’aiuto arrivate dall’inizio del 2013 ad oggi, ai diversi progetti di ascolto psicologico e di tutela giuslavoristica che sono nati durante la crisi economica o che continuano a giungere allo “Sportello dei Diritti”, associazione da anni impegnata a difendere i lavoratori dalle angherie subite sul posto di lavoro anche a seguito dell’esperienza personale del suo fondatore Giovanni D’Agata. Lo stereotipo della persona che si rivolge a questi progetti sono, ovviamente, lavoratori in difficoltà, disoccupati e imprenditori, che hanno ulteriormente subito gli effetti della crisi, non solo a livello personale, ma anche a livello familiare. Tant’è che in gran parte dei casi sono proprio i familiari a recarsi presso i centri d’ascolto o a contattarci via mail un pò per bypassare la sensazione d’imbarazzo che porta molti padri di famiglia a cercare di tenere nascosto il proprio disagio che, al contrario, si manifesta troppo spesso quando si rientra a casa a contatto con i propri cari. Rimane, quindi, una folta ed occulta maggioranza di cittadini che non va alla ricerca di sostegno, per vergogna, diffidenza e mancanza di informazione. In particolare, rientra in questa categoria, circa il 25% degli impiegati di banca e assicurazioni, i quali ripiegano nell’uso, che a volte diventa abuso, di farmaci antidepressivi o sonniferi. Tale percentuale fa accoppare la pelle se si riflette che i consumatori di farmaci delle altre categorie si assestano attorno al 10%. La colpa di tutto ciò va ricercata nell’evoluzione, o forse involuzione del sistema bancario-assicurativo su scala globale che ha visto banche e assicurazioni colpite da un’infinità di scandali di proporzioni gigantesche e rilevanza mediatica portando ad addossare a questi settori, non a torto, la responsabilità della crisi globale che stiamo vivendo. E così banchieri e assicuratori da figure rispettate o comunque tenute in gran considerazione sono divenute poco amate dall’opinione pubblica. Questo è un primo elemento che denota lo sgretolarsi di un sistema che veniva ritenuto, anche dagli stessi lavoratori e solo fino a poco tempo fa, saldo e infrangibile, ma il contesto economico e finanziario mondiale e la sua crescente complessità e “friabilità” hanno contributo ad accrescere le incertezze del singolo lavoratore sempre più in balìa di vendite, fusioni e accorpamenti con altri istituti finanziari ed assicurativi o addirittura fallimenti e liquidazioni. A ciò aggiungasi la maggiore richiesta di competenze e di una politica lavorativa degli obiettivi sempre più esigente che indirizza i due comparti alla ricerca di eccellenza ed esaspera scientificamente la competizione interna a danno dei rapporti interpersonali tra colleghi. Inevitabilmente queste esigenze, se da una parte incentivano le motivazioni personali, dall’altra obbligano il dipendente a caricarsi di oneri lavorativi, che aggravano ulteriormente la tolleranza di uno stress quotidiano sempre maggiore. La conseguenza di queste politiche aziendali sono troppo spesso l’insorgenza di malesseri cronici e di depressioni che alla fine vanno a pesare sugli stessi datori e sul Nostro sistema di Welfare. Come “Sportello dei Diritti” da anni invitiamo ed assistiamo i lavoratori ad agire contro l’esasperazione di queste strategie aziendali che spesso sfociano in comportamenti illegittimi tutelabili in sede giurisdizionale perché garantite da specifiche norme in materia di lavoro azionabili dal singolo lavoratore se non correttamente applicate.