Intervista alla fashion designer Arianna Di Lembo: «Quando si abbraccia una causa, è spesso perché si conosce molto bene il mostro che si vuole combattere»

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Per lo spazio riservato alle interviste esclusive abbiamo il piacere di ospitare la stilista Arianna Di Lembo, più conosciuta con il nome di Edran. Arianna è docente di moda e costume, ma anche Tutor per progetti nel Sociale e di Alternanza scuola lavoro, Costumista e Fashion Designer. Dopo essersi diplomata come Fashion Designer, ha intrapreso fin da subito il percorso  nel mondo della moda e dello spettacolo. Lo scorso 20 luglio, presso le Scuderie AldoBrandini di Frascati, la fashion designer ha presentato la sua nuova collezione ispirata al mondo dark.

Attraverso i suoi abiti Arianna ha raccontato storie di donne libere, forti e tenaci, all’interno della mostra, “Donna collettiva internazionale arte contemporanea”, promossa da Centro Arte Castel Gandolfo e Club BluOltremare International Art. Arianna sta collezionando grandi soddisfazioni anche grazie alla cinematografia. Recente la candidatura al Lift -Off Global Official Selection NewYork2024 della sua opera “HIM – Io assassino“, con la collaborazione di tanti professionisti, ma in particolare modo del suo carissimo amico Flavio Fransesini, che ha curato la fotografia, la regia e tutta la post produzione. Dalla nostra redazione complimenti e un in bocca al lupo per i prossimi traguardi.

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Quali sono stati i passi più importanti del tuo percorso artistico?

Sono stati, e saranno, quelli successivi ai “no e agli schiaffi in faccia ricevuti” (metaforicamente parlando). Ho ricevuto molte volte feedback di non essere all’altezza, di non essere abbastanza, di non essere nessuno e che il mio stile non sarebbe piaciuto ma io sono andata sempre avanti per la mia strada. Sicuramente questi sono stati i passi più difficili ma anche quelli più importanti.

Ti sei mai sentita discriminata perché donna e controtendenza?

Non in quanto donna, ammetto che sul fatto di essere donna e controtendenza, ho saputo mantenere testa a molte situazioni. Ho vissuto però la discriminazione perchè considerata non amica di, non  figlia di, non  nipote di, ecc. Le mie semplici origini mi hanno portato il conto troppo spesso.

Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Sono tante, tantissime. Mi basta uno sguardo, un quadro, una penna, una pianta. Qualsiasi cosa può far scattare la molla della creatività.

Che cosa cerchi in un tessuto e come lo scegli?

Quando ho in mente un abito già lo idealizzo con dei materiali ipotetici, poi entro nel mondo fatato dei tessuti e delle mercerie, e cambia tutto. Quando i tessuti con le loro texture catturano la mia attenzione è lì che avviene la magia, perché quando visualizzo con chiarezza quello che  voglio realizzare, allora significa che è  quello giusto. Quindi, chissà se ho scelto io il tessuto, o è lui che ha scelto me?

Cosa desideri comunicare attraverso le tue creazioni?

Libertà di essere. Libertà!

Come definiresti le tue creazioni?

Donne, le definisco donne, perchè voglio raccontare la loro storia. Nella fase di progettazione di nuovi abiti, cerco di raccontare le donne resilienti e le donne che non hanno avuto modo e tempo di esserlo. Quando penso ad un abito in realtà penso ad una persona ben definita e reale, anche se mi ispiro ad un personaggio di fantasia, mitologico o storico.

Qual è la sfida più importante per il mondo della moda in questo momento storico secondo te?

La moda è sempre stata veloce, ma con le nuove tecnologie e innovazioni, non sempre sostenibili, è diventata inarrestabile. Il fenomeno della fast-fashion, la moda veloce, ha portato a delle manovre poco etiche, bisognerebbe attuare delle strategie e leggi per la salvaguardia del nostro pianeta e per la tutela delle persone e dei  bambini, che vengono sfruttati nei paesi più fragili. Fino a quando il mondo non si allineerà sarà difficile vincere questa sfida.

Cosa ti piace di più del tuo lavoro?

Tutto, anche le parti più faticose. Dalle notti intere a passare a cucire per le scadenze di consegna alle passerelle. Dal laboratorio incasinato al stare ore ed ore  su un manichino per far uscire l’abito giusto. Dal creare laboratori sociali ai briefing,  dagli odori dei materiali ai rumori delle macchine in funzione. Amo tutto!

Quale consiglio daresti a chi vuole intraprendere la professione di fashion designer?

Di non arrendersi mai e di studiare tanto. Senza tenacia e conoscenza non si arriva da nessuna parte

Qual è stata l’esperienza professionale e umana di cui ancora oggi ne conservi il ricordo?

La vivo ogni giorno a scuola con i miei allievi. I ragazzi troppo spesso classificati come svogliati e senza valori, sono in realtà vasi di Pandora. Sono infinitamente pieni di talenti, sogni, aspettative. Hanno bisogno di essere guidati, incoraggiati edi sapere che ci sono persone che credono in loro e nelle loro potenzialità. Queste sono le esperienze più belle che la vita potesse offrirmi.

Hai in mente una donna particolare quando crei i tuoi abiti?

Ho in mente una donna forte, resiliente e tenace, un po’ come immaginavo da bambina la Me del futuro. Questo mi fa molta tenerezza, perché è stato chiaramente il mio modo di sfuggire da una realtà domestica molto dura.

Da anni sei impegnata attivamente con i tuoi progetti rivolti proprio alla lotta contro ogni forma di violenza sulle donne, ce ne vuoi parlare?

Quando si abbraccia una causa, è spesso perché si conosce molto bene il mostro che si vuole combattere. Ho avuto un’infanzia difficile, ma la fantasia è stata la mia alleata, e tra i sogni che vi nascevano è presente la mia voglia di dire basta e oppormi a delle realtà che non dovrebbero esistere. Oggi mi esprimo nel modo che mi resta più facile, che è quello attraverso il linguaggio della moda e dello spettacolo. I primi tempi ho iniziato, a fare delle sfilate performance tra moda e costume, dove attraverso le mie coreografie e gli abiti ho raccontato storie di donne resilienti. Ma era sotto forma artistica, bello da vedere e il  messaggio per sensibilizzare sulla libertà e tutela  delle donne arrivava, ma volevo fare qualcosa di più concreto. Mi occupo di formazione, ho unito tutto è nata l’idea del “Progetto Edran”, ovvero della sartoria sociale e laboratori creativi e inclusivi, dove tutti possono imparare o dare vita alla propria creatività in collaborazioni con diversi enti, associazioni e centri di formazione, che sarà gestito dall’associazione Edran. Ho fatto molti progetti, come la Sartoria Etica, bella iniziativa dove insieme a un gruppo meraviglioso di donne si sono realizzati costumi per diversi spettacoli teatrali, purtroppo per mancanza di fondi non è riuscita ad andare avanti, ma non ho mollato e oggi si stanno creando sinergie importanti per concretizzare il “Progetto Edran”. Altro progetto che è durato dal 2017 al 2023, dove sono protagonisti una serie di scatti in condivisione artistica con il fotografo Flavio Fransesini,  insieme abbiamo cercato di raccontare tante storie di donne per dire basta alla violenza. Un importante ed attuale  collaborazione per il sociale è con La Voce dell’Essere e con il suo presidente Monica Federico, dove si cerca di fondere le arti della tecnopera con quella della moda, portando in scena la bellezza e il rispetto verso il femminino. Altro ambizioso progetto, è stato per il  cortometraggio HIM, ho curato anche altri aspetti, ma quello che prevale è il aver dato vita al soggetto, dove si racconta la violenza sulle donne sotto la prospettiva di colui che commette le violenze. Per unificare tutte le attività pensate per il sociale Edran diventa associazione, e mi avvarrò della preziosa collaborazione della vice presidente Gabriella Ferrari, che ha anni di esperienza nel mondo del sociale e di Valentina Manni come segretario, essendo lei un’esperta del settore.

Parliamo di cinema come nasce l’idea di Him – Io assassino“?

Him nasce da un sogno che ho fatto. Appena sveglia ho preso il mio notebook e ho scritto per non dimenticare. Il protagonista è un uomo attraente, bellissimo, intelligente, sensuale e fiero, ma assassino! Uccide le sue vittime tutte   giovani  donne dopo averle sedotte. Nel corto si parla della storia di 5 donne sempre giovani e mai adulte,  e della loro brutale uccisione da parte del protagonista, che non ha nome, e che racconta attraverso un monologo l’uccisione con orgoglio, fierezza e mai pentimento. Sicuramente, questo soggetto è nato, dalle innumerevoli letture su vittime di femminicidio, e le cronache troppe accese su questo argomento.

Sempre molto attuali i continui episodi di violenza soprattutto contro le donne. Da donna a donna quale messaggio vorresti lanciare al nostro presidente del Consiglio dei Ministri della Repubblica Italiana Giorgia Meloni?

Mi piacerebbe parlare a tu per tu con la nostra prima presidente donna, il messaggio sarebbe l’ennesimo che le giunge da tempo e da molti che cercano di combattere il femminicidio, quindi non credo che un messaggio in più possa cambiare le cose. Il femminicidio è una piaga della nostra società, e per quanto se ne parli e molti lo combattono, sembra non giungere al fine. Le chiederei di prendere un the insieme e parlare degli interventi che si possono fare per le nuove generazioni per rendere le nostre future donne libere, tenaci e indipendenti. Questo serve alla nostra società, crescere donne libere, chi meglio di lei potrebbe capirlo!

Patrizia Faiello

ph. Flavio Fransesini

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