È uno degli autori più importanti nel panorama musicale italiano, annovera tra i suoi successi delle pietre miliari della storia discografica italiana tra cui “Un senso” di Vasco, ben oltre 300 canzoni e 105 singoli per artisti del calibro di Eros Ramazzotti, Gianni Morandi, Patty Pravo, Mango, Il Volo, Luca Carboni, Laura Pausini, Fiorella Mannoia, Marco Mengoni…
Saverio Grandi torna in veste di cantautore, è disponibile dal 9 Aprile 2021 su tutte le piattaforme digitali “A mio padre”, il terzo dei singoli che anticipano l’uscita del nuovo album.
Un brano con sonorità elettroniche, come lui stesso lo ha definito, un vero e proprio “unicum” nel panorama musicale italiano per sincerità, verità ed onestà, accompagnato da un emozionante video, composto da un collage di immagini di vecchi filmini Super 8 che lo ritraggono insieme alla sua famiglia.
È Saverio stesso a parlarcene, in esclusiva per i lettori di DiTutto.
“A mio padre” è il terzo dei singoli che anticipano l’uscita del nuovo album. Puoi raccontarci qualcosa di più in merito?
E’ un disco serio. Non che quelli degli altri non lo siano, ma il mio non segue le mode o le sonorità del momento. Non è trap, non è rap e non è indie. E’ un album fatto di canzoni, nel vero senso della parola. Storie, idee, messaggi. Un disco come quelli che si facevano una volta, con testi mi auguro non banali e melodie che hanno ancora un senso melodico. L’album uscirà, credo, alla fine di settembre, Covid permettendo. Vorrei fare qualche showcase in giro, prima non penso sarà possibile nei luoghi chiusi come ad esempio le librerie.
Hai affermato che il tuo nuovo brano è una specie di “unicum”, perché?
Perché è una canzone coraggiosa. Non mi sono vergognato di mettere a nudo chi sono, e di questi tempi, dove tutti giocano a fare i duri, quelli che non hanno mai casini e vogliono apparire sempre vincenti, io non mi vergogno di ammettere che con mio padre qualche problema l’ho avuto, e non solo per colpa della sua educazione rigida. Ero un adolescente irrequieto, per tante ragioni che non sto qui a dire. Nel brano mi prendo delle responsabilità. E’ la canzone da cui è partito tutto, è un brano di cui vado orgoglioso, anche del suono, moderno senza essere trap o strano per forza.
Il video è un collage di immagini di vecchi filmini Super 8 che ti vedono protagonista con la tua famiglia. Come è nata questa idea?
Mi sembrava la più logica. La musica aiuta le immagini e viceversa. Il video è parte della mia storia, quella di bambino e poi di adolescente. E’ un video neorealista. Adoro il cinema. Quindi attori che non sono attori, io e la mia famiglia.
La tua storia artistica inizia proprio quando tuo padre ti regala la prima chitarra…
Ero molto piccolo, avevo 5 anni. Mio padre cantava bene, anche mia madre. E’ stata una cosa naturale. Poi ho scoperto Battisti e ne sono rimasto folgorato. Ho fatto il Conservatorio, ma non ero abbastanza bravo per fare il concertista. Mi piaceva scrivere (ho pubblicato un libro un anno fa, “Scrivo canzoni per farti sognare”) e suonare. Diciamo che il tutto è venuto da sé, anche se a 18 anni volevo fare lo sceneggiatore o l’attore di teatro. Alla fine ha vinto la musica, ed è andata bene così.
Una curiosità per i musicisti: quale strumento musicale prediligi per scrivere le prime bozze delle tue canzoni?
La chitarra o il piano, è indifferente. Non sono un portento con nessuno dei due, ma suono entrambi abbastanza bene per fare quello che mi interessa, cioè scrivere canzoni.
Nel corso della tua carriera hai firmato successi per artisti di fama internazionale, c’è un brano a cui sei particolarmente legato?
“Equilibrio Instabile” che hanno cantato gli Stadio. Sono io, è la storia della mia vita, e anche quella di tanti altri. Poi “Un giorno mi dirai”, che ha vinto Sanremo 5 anni fa e naturalmente “Un senso”….
”Un senso”, porta la tua firma e quella di Vasco Rossi, è una canzone senza tempo, che tutte le generazioni conoscono a memoria; quali sono vantaggi e svantaggi, se ci sono, nell’essere autore di un brano così importante?
Ci sono solo vantaggi. Poi un po’ di malinconia, perché un brano così forte è difficile da replicare, anche se con “Una canzone d’amore buttata via” non ci siamo andati cosi lontani.
Com’è nata la voglia di realizzare un progetto in veste di cantautore?
Ho già pubblicato in realtà altri due album, nel 2000 e nel 2010, ma non ho mai preso seriamente l’idea di fare il cantante, credo per pigrizia. Oggi ho un po’ di cose da dire che preferisco cantare in prima persona. Di sicuro sono più pronto e maturo, lo sono anche la mia voce ed il mio modo di “sentire” e interpretare.
Sappiamo che sei molto attivo nella formazione dei giovani, con corsi e masterclass di songwriting, che consigli ti sentiresti di dare ad un emergente?
Di chiedersi se ha davvero talento. Se la risposta è sì di studiare e di non seguire le mode. Quelle passano, la buona musica resta.
Progetti in cantiere?
Tanti. Prima l’album, poi un altro libro, forse un romanzo o una raccolta di poesie. Poi un EP, ma preferisco mantenere il riserbo sul contenuto. Adoro musica e poesia. Potrebbero salvarci dal male del banale, forse. Io lo spero vivamente.
DT