di Patrizia Faiello
Annalisa Insardà attrice, doppiatrice, insegnante di recitazione e conduttrice calabrese Un vero talento capace di vedere l’arte nella sua più profonda forma intellettuale.
Classe 1978, con un curriculum professionale di assoluto prestigio, ha recitato per il cinema e per fiction di successo tra cui ricordiamo: “L’ospite segreto” di Paolo Modugno, “Lettere dalla Sicilia” di Manuel Giliberti (film vincitore del Golden Globe 2007), “È tempo di cambiare” di Fernando Muraca col quale vince il Tropea Film Festival 2008 come migliore attrice, “Carabinieri” di Sergio Martino, “Un caso di coscienza” di Luigi Perelli, “Questo è il mio paese’ di Michele Soavi, “Lea” di Marco Tullio Giordana, “I nostri figli” e “Come una madre” di Andrea Porporati, 1994 di Giuseppe Gagliardi.
È attiva come doppiatrice, insegnante di recitazione e conduttrice. È stata l’inviata del programma televisivo di Rai2 Il verificatore di Roberto Giacobbo. È autrice degli spettacoli “Reality shock” e “Manipolazione indolore” di cui è anche regista e interprete. Di seguito l’ntervista esclusiva per i nostri lettori.
Cosa ti ha spinto ad intraprendere questa professione?
La motivazione, se non ricercata in una certa innata natura degli esseri umani, potrebbe non esserci. Avevo quattro anni quando iniziai – i miei genitori così raccontano – a dire di voler fare l’attrice. Vivevo in un piccolissimo paesino dell’entroterra calabrese e non c’erano a quell’epoca (e a dirla tutta neanche oggi, ahimè!) troppe suggestioni artistiche che potessero avvolgermi o travolgermi, non avevo maestri da ascoltare e imitare, non avevo teatri vicini, non avevo cinema a disposizione per immergermi in quest’arte e da questa sentirmi turbata. Ho dunque semplicemente seguito la mia vocazione, ho aderito alla mia inclinazione, spinta dalla naturale predisposizione con la quale sono venuta al mondo. Non ho potuto fare altrimenti.
Cosa, secondo te, deve insegnare un buon corso di recitazione?
Credo che la prima cosa che un corso di recitazione debba fare è accorgersi del tipo di talento che ha di fronte e, in base a quello, organizzare i propri strumenti per offrire a quel precipuo talento la propria possibilità di sviluppo. Un buon corso di recitazione non deve mai imporre assolutismi ma sempre proporre possibilità, che ognuno deve poi accogliere secondo la propria sensibilità, secondo il proprio modo, il proprio corpo, il proprio intendimento. Inoltre deve mostrare la via non imporre condizioni, deve far di un diamante grezzo un gioiello irripetibile e deve impartire disciplina. Perché a mio avviso, la vera arte non si esprime a ruota libera bensì secondo un’idea che deve essere forgiata da impegno e perseveranza.
C’è, secondo te un errore comune da parte dei giovani che vogliono percorrere la strada della recitazione?
Troppo spesso la strada della recitazione viene confusa con la strada del successo e della popolarità. Questo è l’errore più comune. Per essere un attore si deve vivere di questo lavoro, non bisogna necessariamente essere il più famoso o il più pagato. I giovani spesso credono il contrario e cercano strade più agevoli per arrivare al consenso immediato e facile. Poco male se non fosse che certi talenti hanno bisogno di molto lavoro per essere espressi nel loro massimo potenziale, e le scorciatoie non solo non danno mai spazio né tempo per una sana e graduale crescita, ma rischiano anche di bruciare carriere, ambizioni e speranze.
Qual è secondo te “La prima regola” per un’attrice?
Studiare, osservare e leggere. Aver voglia di dare fondo a tutte le personalità che abbiamo in potenza ma che, per adeguarci al sistema sociale all’interno del quale cresciamo, non sviluppiamo.
Oltre a dedicarti alla recitazione e al doppiaggio recentemente hai sposato un progetto musicale in collaborazione con la cantautrice molisana Vicky Iannacone ce ne vuoi parlare?
Certamente. È un progetto molto avvincente che Vicky ed io abbiamo deciso di sposare mettendo a disposizione dello stesso, le nostre risorse intellettuali, la mia idea di scrittura, la sua idea di musica. È un progetto in divenire che ha già al suo attivo, dopo pochi mesi da questo connubio, la partecipazione a due importanti contest: Musica contro le mafie e Musicultura. Nel mese di dicembre prossimo, usciremo col nostro primo singolo, il che significa che nonostante i feroci tempi di immobilità e lockdown, il pensiero creativo può salvare.
Lo scorso 1 novembre sei stata ospite, insieme ad altri professionisti dello spettacolo, della seconda puntata del TalkShow SunrisePop. Pensi che in questo momento avere degli spazi artistici virtuali in cui potersi confrontare possa essere d’aiuto?
Lo spettacolo dal vivo ha ben poco di virtuale. La bellezza, la grandezza dello spettacolo dal vivo è proprio l’essere dal vivo. E scusate l’ovvietà. Se cambia questa condizione cambierà anche il modo di percepire nelle membra questo genere di attività. Bisognerà forse adeguarsi a nuovi sistemi, se sarà il caso ci adegueremo, ma una nota melanconica e dolorosa sulla possibilità che la presenza e la partecipazione attiva del pubblico possa un giorno svanire, mi deve essere assolutamente consentita. E deve anche essere scongiurata.
Un curriculum di tutto rispetto il tuo. Le tue prime collaborazioni teatrali le hai realizzate all’estero poi cinema, fiction e sei stata anche inviata. Oggi cosa porti con te di tutte queste esperienze?
Tutto. Davvero tutto. Anche i momenti non particolarmente edificanti. E in una carriera di oltre venti anni non ce ne sono stati pochi. Però anche quello ha contribuito a farmi diventare la persona che sono. Nel bene e nel male. Non riesco a lasciare indietro nessuna delle cose che mi è successa, perché in ogni cosa riscontro la Annalisa che sono. Naturalmente tutto il mio trascorso è diventato presente, nel senso che non porto con me, consciamente, ogni esperienza, ma ogni esperienza che ho fatto è definitivamente diventata struttura.
Quando si potrà ritornare a vivere ognuno con il proprio ruolo da cosa ripartirai?
Da ciò che sarà rimasto. E certamente anche dalle nuove consapevolezze acquisite.