di Ester Campese
La nostra intervista oggi è con l’attore Gianluca Magni. Il suo è un background di altissimo livello e di tutto rispetto. Magni vanta una miriade di esperienze al suo attivo e studi nei più prestigiosi luoghi della settima arte.
Dal Piccolo di Milano, ai suoi esordi, prosegue con stage internazionali tra cui il prestigioso Actor’s Studio di New York. Nella sua corposa filmografia si contano molte pellicole importanti che lo decretano professionista affermato già da tempo. L’affascinante Gianluca Magni, attore dal sorriso accattivante, ha recitato con i più grandi del cinema tra cui, solo per citarne alcuni, Giancarlo Giannini, Lina Sastri e Martina Stella nel film “Prigioniero della mia libertà.
Cari a lui i temi sociali e lo vedono spesso protagonista di film con questi argomenti di fondo. Molti anche i premi all’attivo per Gianluca Magni, uno su tutti: è stato insignito, in qualità di attore, del “Premio Award”, istituito a Hollywood.
Ben trovato Gianluca, vuoi rammentare per i nostri lettori gli esordi del tuo percorso artistico?
Il mio percorso artistico nasce a Milano dove ho iniziato a fare pubblicità come modello. Nel frattempo studiavo al Centro Teatro Attivo di Milano, una grande scuola di recitazione. Mi proposero di interpretare il ruolo del messo papale nel film degli anni 90 “Lucrezia Borgia” diretto da Lawrence Webber. Da li in poi è proseguito tutto il resto.
A volte sognare è una necessità, altre bisogna essere estremamente realisti e lottare per realizzare i sogni. Tu dove ti collochi?
Mi colloco a metà direi, perché sono molto realista ma allo stesso tempo sognatore. Una specie di dottor Jekyll e miste Hyde, ma nel senso buon del termine. Ti dico questo perché ho imparato a mutare il mio essere e mediare tra le varie situazioni a secondo delle necessità. Però diciamo che i sogni mi danno l’entusiasmo anzi quella forza che mi fa fare quel salto in più. I sogni mi aiutano, per così dire,con quell’incoscienza ad andare oltre che se viceversa facessi prevalere solo l’aspetto realistico di me, certo non farei.
Per diventare un attore, bisogna secondo te essere un po’ fuori dal coro?
Credo che in una società come questa dove ormai la TV ti propina un sacco di personaggi, anche giornalieri, oggi si debba essere quanto meno un po’ originali e un po’ fuori dal coro. Bisogna talvolta avere il coraggio anche di dire cose meno “convenienti” ed avere confidenza nella forza delle proprie idee.
E quali doti e caratteristiche deve invece possedere chi vuole diveltarlo?
Intanto io credo che attori si nasca. Dentro di te, se le hai, ci sono delle doti naturali che possono emergere, ma di fatto sono già insite in te. Prendi il caso dei grandi atleti ad esempio. In me sicuramente in pectore c’era la predisposizione alla recitazione. Poi bisogna avere delle basi e per questo si deve studiare, studiare tanto, anche per imparare a dosare il proprio talento. Ci sono poi cose che ti deve donare la natura e fare l’artista è proprio un dono, almeno io lo considero tale. Le doti si possono affinare, ma le qualità come sensibilità , saper interpretare spontaneamente o avere immaginazione, fanno parte di te fin dall’origine. Un artista secondo il mio parere deve essere anche molto curioso e attento a quello che lo attornia e deve essere umile e pronto al rinnovamento.
Gianluca quando interpreti i tuoi personaggi a chi ti ispiri, dove trai lo spunto per immedesimarti?
Come spiegarlo, è quasi una cosa magica. Ad esempio ultimamente ho interpretato il ruolo di un medico nel film “Una luce nel muro dell’oscurità” film davvero molto bello prodotto dalla “PM Management” di Piero Melissano e scritto da Francesca Currieri e Marina Brugnano. Posso forse dirti che lo spunto, per immedesimarsi nel personaggio, nasce da dentro, in questo caso mi sono immaginato di essere veramente un medico e mi sono domandato come mi sarei comportato nello stesso frangente. In questo modo trasferisco ciò che vedo con il mio istinto e riesco ad “uscire” dalla mia realtà come Gianluca ed entrare effettivamente in quella del personaggio da interpretare. In quel momento divento e sono veramente il medico. Dico sempre che l’attore non deve recitare, ma dare vita reale al personaggio che di volta in volta interpreta.
Sei reduce dal successo del film trasmesso in televisione “Come Lolita”, cosa ci dici al riguardo?
Credo che il compito di un artista sia quello di farsi “portatore di luce” anche di una speranza se vuoi, attraverso l’arte diviene quasi una sorta di angelo che scende sulla terra donando messaggi positivi. Per me interpretare temi sociali è molto importante, sono temi che sento molto e mi piace che ci sia una “missiva” da trasmettere agli atri. Credo che un artista abbia il dovere morale di lasciare qualcosa alle persone. Tornando alla domanda il film “Come Lolita” tratta di un tema tristemente attuale. Si parla di ragazze vittime di genitori folli. La protagonista femminile è una ragazza minorenne vittima di una madre che si droga e prostituisce e di un padre del tutto assente. La madre, nella sua follia, vende la figlia per soldi ad uomini, facendola prostituire. E’ un tema molto forte che abbiamo voluto, attraverso questo film, portare all’attenzione. In “Come Lolita” interpreto il ruolo di un uomo che si innamora della ragazza e tenta in tutti i modi di trascinarla via da quella situazione. Poi ci sono dei risvolti che lasciamo scoprire agli spettatori. Il tema fa comunque vedere la tragedia della ragazza e quanto l’amore, in questo caso dell’uomo che interpreto, sia di vitale importanza, contrapposto al male.
Un bilancio di questa tua esperienza?
Bilancio molto positivo, perché ho interpretato un ruolo drammatico molto forte. Mi sono messo alla prova a livello attoriale e questa esperienza devo dire che mi ha anche arricchito molto umanamente.
C’è un’esperienza che ti ha particolarmente coinvolto?
Si c’è. E’ stata l’occasione in cui ho ricoperto il ruolo di un omosessuale. Anche questo tema è molto forte. Il film è un omaggio a Pasolini, e nel quale ci sono tutti gli attori più famosi appunto dell’epoca di Pasolini, il film si intitola “E insieme vivremo ancora tutte le stagioni” per la Regia di Gianni Minello. E’ stato per me un mettersi alla prova, una prova oserei dire molto “robusta”. Ma davvero l’ho fatto senza avere remore, per rendere il mio ruolo più a livello visivo e dialettico senza per forza calcare pose femminee, ma lavorando molto per far risaltare più l’aspetto psicologico. Bilanciare questo è stato complicato ma molto intenso.
Riguardando i tuoi primi lavori come ti vedi oggi?
Se mi guardo indietro vedo un passaggio vigoroso e netto, dove crescendo e facendo varie esperienze, sono riuscito a toccare e vedere aspetti di me stesso che prima nemmeno conoscevo, dove magari prevaleva la parte più esteriore. Adesso tiro fuori, oltre al lato estetico, anche la parte più emozionale di me e metto a servizio dei personaggi anche quella mia fragilità e questo mi da contezza della maturità artistica che ho raggiunto.
Fra cinque anni invece dove ti vedi?
Mi vedo un artista che farà anche altro nella vita, magari, perché no, investendo in altre attività ed andando oltre il mondo dell’arte che è un mondo molto complicato e difficile.
E per quanto riguarda i tuoi progetti futuri?
Porteremo in giro il film “Una luce nel muro dell’oscurità” questo docu-film girerà molti festival importanti nazionali ed internazionali tra cui uno a New York. Sono grato e ringrazio il produttore che ha creduto in me e che mi ha anche già coinvolto in un successivo progetto, il film “Stalking, un amore violento per Sara”, che gireremo in Sicilia a fine anno. Nel film rivesto sempre il ruolo di un medico, in questo caso colui che curerà la persona che ha subito stalking, ovvero Sara. Il soggetto è sempre scritto da Francesca Currieri e Marina Brugnano, per la regia di Tony Paganelli. Con Paganelli farò poi parte anche di un altro progetto molto grosso con molti colleghi attori notissimi.